Note sulla logica: Difference between revisions

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<div style="width: 65%; margin: 0 auto;">[[#nol-1|I. Bipolarità delle proposizioni. Senso e significato. Verità e falsità]]</div>
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<div style="width: 65%; margin: 0 auto;">[[#nol-2|II. Analisi delle proposizioni atomiche. Indefinibili generali. Predicati, etc.]]</div>
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<div style="width: 65%; margin: 0 auto;">[[#nol-3|III. Analisi delle proposizioni molecolari: funzioni ab]]</div>
<div style="width: 65%; margin: 0 auto;">[[#nol-3|III. Analisi delle proposizioni molecolari: funzioni ''ab'']]</div>
<div style="width: 65%; margin: 0 auto;">[[#nol-4|IV. Analisi delle proposizioni generali]]</div>
<div style="width: 65%; margin: 0 auto;">[[#nol-4|IV. Analisi delle proposizioni generali]]</div>
<div style="width: 65%; margin: 0 auto;">[[#nol-5|V. Principi di simbolismo: che cosa, in un simbolo, simbolizza. Fatti tramite fatti]]</div>
<div style="width: 65%; margin: 0 auto;">[[#nol-5|V. Principi di simbolismo: che cosa, in un simbolo, simbolizza. Fatti tramite fatti]]</div>
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Siamo spesso portati a formulare spiegazioni delle funzioni logiche delle proposizioni che mirano a introdurre nella funzione o solo i costituenti di queste proposizioni oppure soltanto la loro forma, etc. Finiamo così per trascurare il fatto che il linguaggio ordinario non conterrebbe intere proposizioni se non ne avesse bisogno.
Siamo spesso portati a formulare spiegazioni delle funzioni logiche delle proposizioni che mirano a introdurre nella funzione o solo i costituenti di queste proposizioni oppure soltanto la loro forma, etc. Finiamo così per trascurare il fatto che il linguaggio ordinario non conterrebbe intere proposizioni se non ne avesse bisogno.


I nomi sono punti, le proposizioni frecce – hanno ''senso''. [''Cfr.'' 3.144] Il senso di una proposizione è determinato dai due poli ''vero'' e ''falso''. La forma di una proposizione è come una retta che divide tutti i punti di un piano tra destra e sinistra. La retta lo fa automaticamente, la forma della proposizione solo per convenzione. È sbagliato concepire ogni proposizione quale espressione di una relazione. Una soluzione classica di tale impasse consiste nel considerare “non-''p''” come contrario di “''p''”, dove quindi “contrario” significherebbe la relazione indefinibile. È evidente però che qualunque tentativo del genere di rimpiazzare funzioni dotate di senso (funzioni ab) con descrizioni deve fallire.
I nomi sono punti, le proposizioni frecce – hanno ''senso''. [''Cfr.'' 3.144] Il senso di una proposizione è determinato dai due poli ''vero'' e ''falso''. La forma di una proposizione è come una retta che divide tutti i punti di un piano tra destra e sinistra. La retta lo fa automaticamente, la forma della proposizione solo per convenzione. È sbagliato concepire ogni proposizione quale espressione di una relazione. Una soluzione classica di tale impasse consiste nel considerare “non-''p''” come contrario di “''p''”, dove quindi “contrario” significherebbe la relazione indefinibile. È evidente però che qualunque tentativo del genere di rimpiazzare funzioni dotate di senso (funzioni ''ab'') con descrizioni deve fallire.


Nel dire “A crede ''p''” in effetti si ha l’impressione di poter sostituire “''p''” con un nome proprio. Ma ci accorgiamo che qui ne va di un ''senso'', non di un significato, se diciamo invece “A crede che ''p'' è vera”; oppure, per rendere ancora più esplicita la direzione di ''p'', possiamo dire “A crede che ''p'' è vera e non-''p'' falsa.” Qui si esprime la bipolarità di ''p'' e ci sembra di poter esprimere correttamente la proposizione “A crede che ''p''” soltanto con la notazione ''ab'' (spiegata in seguito) ovvero mettendo “A” in relazione ai poli “''a''” e “''b''” di ''a''-''p''-''b''. Non si possono risolvere questioni epistemologiche sulla natura del giudizio e della credenza senza una comprensione corretta della forma proposizionale.
Nel dire “A crede ''p''” in effetti si ha l’impressione di poter sostituire “''p''” con un nome proprio. Ma ci accorgiamo che qui ne va di un ''senso'', non di un significato, se diciamo invece “A crede che ''p'' è vera”; oppure, per rendere ancora più esplicita la direzione di ''p'', possiamo dire “A crede che ''p'' è vera e non-''p'' falsa.” Qui si esprime la bipolarità di ''p'' e ci sembra di poter esprimere correttamente la proposizione “A crede che ''p''” soltanto con la notazione ''ab'' (spiegata in seguito) ovvero mettendo “A” in relazione ai poli “''a''” e “''b''” di ''a''-''p''-''b''. Non si possono risolvere questioni epistemologiche sulla natura del giudizio e della credenza senza una comprensione corretta della forma proposizionale.


Una proposizione è una misura rapportata a fatti, ma con i nomi la situazione cambia. Come una freccia si rapporta a un’altra freccia indicando nello stesso senso o in quello contrario, così un fatto si rapporta a una proposizione; entrano dunque in gioco bipolarità e senso. Secondo questa teoria ''p'' e non-''p'' hanno identico significato ma senso contrario. Il significato è il fatto. Una corretta teoria del giudizio deve rendere impossibile giudicare ciò che è privo di senso. [''Cfr.'' 5.5422] Il “senso di” una funzione ''ab'' di una proposizione è una funzione del suo senso. [''Cfr.'' 5.2341] In non-''p'', ''p'' è proprio come se stesse da sola (questo è un punto cruciale). Tra i fatti che rendono “''p'' o ''q''” vera ci sono anche fatti che rendono “''p'' e ''q''” vera; quindi, se le proposizioni hanno soltanto significato, in simili casi dobbiamo dire che le due proposizioni in questione sono identiche. Ma in realtà il loro senso è diverso e abbiamo introdotto il senso parlando di tutte le ''p'' e di tutte le ''q''. Ne consegue che le proposizioni molecolari andranno usate solo in casi in cui la loro funzione ab ricorre sotto un segno di generalità o si inserisce in un’altra funzione come “io credo che” etc., poiché allora entra in gioco il senso.
Una proposizione è una misura rapportata a fatti, ma con i nomi la situazione cambia. Come una freccia si rapporta a un’altra freccia indicando nello stesso senso o in quello contrario, così un fatto si rapporta a una proposizione; entrano dunque in gioco bipolarità e senso. Secondo questa teoria ''p'' e non-''p'' hanno identico significato ma senso contrario. Il significato è il fatto. Una corretta teoria del giudizio deve rendere impossibile giudicare ciò che è privo di senso. [''Cfr.'' 5.5422] Il “senso di” una funzione ''ab'' di una proposizione è una funzione del suo senso. [''Cfr.'' 5.2341] In non-''p'', ''p'' è proprio come se stesse da sola (questo è un punto cruciale). Tra i fatti che rendono “''p'' o ''q''” vera ci sono anche fatti che rendono “''p'' e ''q''” vera; quindi, se le proposizioni hanno soltanto significato, in simili casi dobbiamo dire che le due proposizioni in questione sono identiche. Ma in realtà il loro senso è diverso e abbiamo introdotto il senso parlando di tutte le ''p'' e di tutte le ''q''. Ne consegue che le proposizioni molecolari andranno usate solo in casi in cui la loro funzione ''ab'' ricorre sotto un segno di generalità o si inserisce in un’altra funzione come “io credo che” etc., poiché allora entra in gioco il senso.




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<p style="text-align: center;" id="nol-3">'''III. Analisi delle proposizioni molecolari: funzioni ab'''</p>
<p style="text-align: center;" id="nol-3">'''III. Analisi delle proposizioni molecolari: funzioni ''ab'''''</p>


Qualunque cosa corrisponda nella realtà a proposizioni composte non deve essere più di ciò che corrisponde alle loro varie proposizioni atomiche. Le proposizioni molecolari non contengono nulla più di ciò che contengono i loro atomi; non aggiungono alcun’informazione materiale oltre a quella contenuta nei loro atomi. Tutto ciò che è essenziale nelle funzioni molecolari è il loro schema V-F (vero-falso, cioè l’indicazione dei casi dove sono vere e l’affermazione dei casi dove sono false). È probabile ''a priori'' che l’introduzione delle proposizioni atomiche sia fondamentale per la comprensione di tutti gli altri tipi di proposizioni. Infatti la comprensione delle proposizioni generali dipende ovviamente da quella delle proposizioni atomiche. [''Cfr.'' 4.411]
Qualunque cosa corrisponda nella realtà a proposizioni composte non deve essere più di ciò che corrisponde alle loro varie proposizioni atomiche. Le proposizioni molecolari non contengono nulla più di ciò che contengono i loro atomi; non aggiungono alcun’informazione materiale oltre a quella contenuta nei loro atomi. Tutto ciò che è essenziale nelle funzioni molecolari è il loro schema V-F (vero-falso, cioè l’indicazione dei casi dove sono vere e l’affermazione dei casi dove sono false). È probabile ''a priori'' che l’introduzione delle proposizioni atomiche sia fondamentale per la comprensione di tutti gli altri tipi di proposizioni. Infatti la comprensione delle proposizioni generali dipende ovviamente da quella delle proposizioni atomiche. [''Cfr.'' 4.411]
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Le inferenze logiche possono procedere, è vero, secondo le leggi della deduzione di Frege e Russell, ma ciò non giustifica l’inferenza; quindi tali leggi non sono proposizioni primitive della logica. Se ''p'' segue da ''q'', può anche essere inferita da ''q'', e la “modalità di deduzione” è indifferente. [''Cfr''. 5.132]
Le inferenze logiche possono procedere, è vero, secondo le leggi della deduzione di Frege e Russell, ma ciò non giustifica l’inferenza; quindi tali leggi non sono proposizioni primitive della logica. Se ''p'' segue da ''q'', può anche essere inferita da ''q'', e la “modalità di deduzione” è indifferente. [''Cfr''. 5.132]


La ragione per cui “~Socrate” non significa nulla è che “~''x''” non esprime alcuna proprietà di ''x''. Segni delle forme “''p'' ∨ ~''p''” sono privi di senso, ma non la proposizione “(''p'') ''p'' ∨ ~''p''”. Se so che questa rosa è o rossa o non rossa, non so nulla. [''Cfr.'' 4.461] Lo stesso vale per tutte le funzioni ''ab''. La supposizione che esistano oggetti logici fa sembrare strano il fatto che nelle scienze le proposizioni della forma “''p'' ∨ ''q''”, “''p'' ⊃ ''q''”, etc., sono da ritenersi non provvisorie solo quando “∨” o “⊃” si trovano nell’ambito di un segno di generalità (variabile apparente). Che “o” e “non” etc. non sono relazioni alla stregua di “destra” e “sinistra” etc. è ovvio a chiunque. La possibilità di definire i vecchi indefinibili logici l’uno con riferimento all’altro mostra già che essi non sono gli indefinibili corretti e, in maniera ancora più decisiva, che non denotano relazioni. [''Cfr.'' 5.42] Gli indefinibili logici non possono essere predicati o relazioni, poiché le proposizioni, a causa del loro avere senso, non possono avere predicati o relazioni. Neppure si può dire che “non” e “o”, come il giudizio, siano ''analoghi'' a predicati e relazioni, visto che non introducono nulla di nuovo.
La ragione per cui “~Socrate” non significa nulla è che “~''x''” non esprime alcuna proprietà di ''x''. Segni delle forme “''p'' ∨ ~''p''” sono privi di senso, ma non la proposizione “(''p'') ''p'' ∨ ~''p''”. Se so che questa rosa è o rossa o non rossa, non so nulla. [''Cfr.'' 4.461] Lo stesso vale per tutte le funzioni ''ab''. La supposizione che esistano oggetti logici fa sembrare strano il fatto che nelle scienze le proposizioni della forma “''p'' ∨ ''q''”, “''p'' ⊃ ''q''”, etc., siano da ritenersi non provvisorie solo quando “∨” o “⊃” si trovano nell’ambito di un segno di generalità (variabile apparente). Che “o” e “non” etc. non sono relazioni alla stregua di “destra” e “sinistra” etc. è ovvio a chiunque. La possibilità di definire i vecchi indefinibili logici l’uno con riferimento all’altro mostra già che essi non sono gli indefinibili corretti e, in maniera ancora più decisiva, che non denotano relazioni. [''Cfr.'' 5.42] Gli indefinibili logici non possono essere predicati o relazioni, poiché le proposizioni, a causa del loro avere senso, non possono avere predicati o relazioni. Neppure si può dire che “non” e “o”, come il giudizio, siano ''analoghi'' a predicati e relazioni, visto che non introducono nulla di nuovo.


Al posto di ogni proposizione “''p''” scriviamo “<math>^{a}_{b}p</math>”. Sia ogni correlazione tra proposizioni e altre proposiizoni, o tra nomi e proposizioni, effettuata attraverso una correlazione dei loro poli “''a''” e “''b''”. Sia questa correlazione transitiva. Di conseguenza “<math>^{a-a}_{b-b}p</math>” è lo stesso simbolo di “<math>^{a}_{b}p</math>”. Siano date n proposizioni. Chiamo una “classe di poli” di tali proposizioni ogni classe di n membri ciascuno dei quali è un polo di una delle n proposizioni, così che a ogni proposizione corrisponde un membro. Collego quindi a ogni classe di poli uno dei due poli (''a'' e ''b''). Il senso del fatto simbolizzante costruito in tal modo non posso definirlo, ma lo conosco.
Al posto di ogni proposizione “''p''” scriviamo “<math>^{a}_{b}p</math>”. Sia ogni correlazione tra proposizioni e altre proposiizoni, o tra nomi e proposizioni, effettuata attraverso una correlazione dei loro poli “''a''” e “''b''”. Sia questa correlazione transitiva. Di conseguenza “<math>^{a-a}_{b-b}p</math>” è lo stesso simbolo di “<math>^{a}_{b}p</math>”. Siano date n proposizioni. Chiamo una “classe di poli” di tali proposizioni ogni classe di n membri ciascuno dei quali è un polo di una delle n proposizioni, così che a ogni proposizione corrisponde un membro. Collego quindi a ogni classe di poli uno dei due poli (''a'' e ''b''). Il senso del fatto simbolizzante costruito in tal modo non posso definirlo, ma lo conosco.
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A ogni funzione molecolare corrisponde uno schema VF (o ''ab''). Possiamo dunque utilizzare lo schema VF stesso invece della funzione. Lo schema VF serve a collegare le lettere V e F con ogni proposizione. Queste due lettere sono i poli delle proposizioni atomiche. Lo schema poi correla altri V e F a questi poli. In tale notazione importa soltanto la correlazione dei poli esterni ai poli delle proposizioni atomiche. Perciò non-non-''p'' è lo stesso simbolo di ''p''. Quindi non avremo mai due simboli per la stessa funzione molecolare. Poiché le funzioni ''ab'' (VF) delle proposizioni atomiche sono ancora proposizioni bipolari, su di loro possiamo compiere operazioni ''ab''. Così facendo correleremo i nuovi poli esterni tramite i vecchi poli interni ai poli delle proposizioni atomiche.
A ogni funzione molecolare corrisponde uno schema VF (o ''ab''). Possiamo dunque utilizzare lo schema VF stesso invece della funzione. Lo schema VF serve a collegare le lettere V e F con ogni proposizione. Queste due lettere sono i poli delle proposizioni atomiche. Lo schema poi correla altri V e F a questi poli. In tale notazione importa soltanto la correlazione dei poli esterni ai poli delle proposizioni atomiche. Perciò non-non-''p'' è lo stesso simbolo di ''p''. Quindi non avremo mai due simboli per la stessa funzione molecolare. Poiché le funzioni ''ab'' (VF) delle proposizioni atomiche sono ancora proposizioni bipolari, su di loro possiamo compiere operazioni ''ab''. Così facendo correleremo i nuovi poli esterni tramite i vecchi poli interni ai poli delle proposizioni atomiche.


Il fatto simbolizzante in ''a''-''p''-''b'' è che ''per esempio'' ''a'' è a sinistra di ''p'' e ''b'' a sinistra di ''p''. [Ciò è del tutto arbitrario, ma una volta fissato l’ordine in cui situare i poli, naturalmente bisogna rispettare la convenzione. Se per esempio ''apb''dice ''p'', allora bpa non dice ''alcunché'' (''non'' dice ~''p''). Ma ''a''-''apb''-''b'' è lo stesso simbolo di ''apb'' (qui la funzione ''ab'' automaticamente svanisce) perché qui i nuovi poli sono correlati allo stesso lato di ''p'' dei vecchi poli. La domanda è sempre: come si correlano i nuovi poli a ''p'' rispetto a come si correlano i vecchi poli a ''p''?] Poi, data ''apb'', la correlazione dei nuovi poli dev’essere transitiva, in modo che se per esempio un nuovo polo è correlato in qualunque modo, cioè tramite qualunque polo, all’a interno, il simbolo resta invariato. Dunque è possibile costruire tutte le funzioni ''ab'' compiendo ripetutamente un’operazione ''ab'', e dunque consideriamo tutte le funzioni ''ab'' come la tutte le funzioni ottenibili compiendo ripetutamente tale operazione ''ab'' (''cfr.'' gli studi di Sheffer).
Il fatto simbolizzante in ''a''-''p''-''b'' è che ''per esempio'' ''a'' è a sinistra di ''p'' e ''b'' a sinistra di ''p''. [Ciò è del tutto arbitrario, ma una volta fissato l’ordine in cui situare i poli, naturalmente bisogna rispettare la convenzione. Se per esempio ''apb'' dice ''p'', allora ''bpa'' non dice ''alcunché'' (''non'' dice ~''p''). Ma ''a''-''apb''-''b'' è lo stesso simbolo di ''apb'' (qui la funzione ''ab'' automaticamente svanisce) perché qui i nuovi poli sono correlati allo stesso lato di ''p'' dei vecchi poli. La domanda è sempre: come si correlano i nuovi poli a ''p'' rispetto a come si correlano i vecchi poli a ''p''?] Poi, data ''apb'', la correlazione dei nuovi poli dev’essere transitiva, in modo che se per esempio un nuovo polo è correlato in qualunque modo, cioè tramite qualunque polo, all’''a'' interno, il simbolo resta invariato. Dunque è possibile costruire tutte le funzioni ''ab'' compiendo ripetutamente un’operazione ''ab'', e dunque consideriamo tutte le funzioni ''ab'' come la tutte le funzioni ottenibili compiendo ripetutamente tale operazione ''ab'' (''cfr.'' gli studi di Sheffer).


Tra i fatti che rendono “''p'' o ''q''” vera, ce ne sono alcuni che rendono “''p'' e ''q''” vera; ma la classe che rende vera “''p'' o ''q''” è diversa dalla classe che rende vera “''p'' e ''q''”; soltanto questo ci importa. Poiché è nell’introdurre le funzioni ''ab'' che, per così dire, introduciamo tale classe.
Tra i fatti che rendono “''p'' o ''q''” vera, ce ne sono alcuni che rendono “''p'' e ''q''” vera; ma la classe che rende vera “''p'' o ''q''” è diversa dalla classe che rende vera “''p'' e ''q''”; soltanto questo ci importa. Poiché è nell’introdurre le funzioni ''ab'' che, per così dire, introduciamo tale classe.
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L’interdefinibilità nel dominio delle proposizioni generali porta a quesiti simili nel dominio delle funzioni ''ab''. La stessa obiezione agli indefinibili ordinari che sorge nel caso delle funzioni molecolari sorge anche nel caso delle variabili apparenti. L’applicazione della notazione ''ab'' a proposizioni con variabili apparenti si chiarisce se consideriamo per esempio che la proposizione “per tutte le ''x'', ϕ''x''” deve essere vera quando ϕ''x'' è vera per tutte le ''x'' e falsa quando ϕ''x'' è falsa per alcune ''x''. Vediamo che ''alcune'' e ''tutte'' compaiono contemporaneamente nella notazione corretta delle variabili apparenti. La notazione è
L’interdefinibilità nel dominio delle proposizioni generali porta a quesiti simili nel dominio delle funzioni ''ab''. La stessa obiezione agli indefinibili ordinari che sorge nel caso delle funzioni molecolari sorge anche nel caso delle variabili apparenti. L’applicazione della notazione ''ab'' a proposizioni con variabili apparenti si chiarisce se consideriamo per esempio che la proposizione “per tutte le ''x'', ϕ''x''” deve essere vera quando ϕ''x'' è vera per tutte le ''x'' e falsa quando ϕ''x'' è falsa per alcune ''x''. Vediamo che ''alcune'' e ''tutte'' compaiono contemporaneamente nella notazione corretta delle variabili apparenti. La notazione è


Per (''x'') φ''x'': ''a''-(''x'')- . ''a'' φ''xb'' . -(∃''x'') e
:per (''x'') φ''x'': ''a''-(''x'')- . ''a'' φ''xb'' . -(∃''x'') e


per (∃''x'') φ''x'': ''a''-(∃''x'')- . ''a'' φ''xb'' . -(''x'')-''b''
:per (∃''x'') φ''x'': ''a''-(∃''x'')- . ''a'' φ''xb'' . -(''x'')-''b''


Le vecchie definizioni diventano tautologiche.
Le vecchie definizioni diventano tautologiche.