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La relazione è così: i suoi ''semplici'' hanno significato = sono nomi di semplici; e le sue relazioni hanno una relazione ben diversa con le relazioni; e questi due fatti già stabiliscono una specie di corrispondenza tra una proposizione che contiene questi e soltanto questi e la realtà: per esempio se tutti i semplici di una proposizione sono noti, sappiamo già che {{small caps|possiamo}} descrivere la realtà dicendo che si ''comporta''<!--<ref>Presumibilmente, “verhält sich zu”, ossia “è in relazione”. [''Edd.'']</ref>--> in un certo modo nei confronti dell’intera proposizione. (Questo equivale al dire che possiamo ''confrontare'' la realtà con la proposizione. Nel caso di due linee possiamo ''confrontarle'' per quanto riguarda la loro lunghezza senza alcuna convenzione: il confronto è automatico. Ma nel nostro caso la possibilità del confronto dipende dalle convenzioni con cui abbiamo dato ai nostri semplici (nomi e relazioni) i loro significati.) | La relazione è così: i suoi ''semplici'' hanno significato = sono nomi di semplici; e le sue relazioni hanno una relazione ben diversa con le relazioni; e questi due fatti già stabiliscono una specie di corrispondenza tra una proposizione che contiene questi e soltanto questi e la realtà: per esempio se tutti i semplici di una proposizione sono noti, sappiamo già che {{small caps|possiamo}} descrivere la realtà dicendo che si ''comporta''<!--<ref>Presumibilmente, “verhält sich zu”, ossia “è in relazione”. [''Edd.'']</ref>--> in un certo modo nei confronti dell’intera proposizione. (Questo equivale al dire che possiamo ''confrontare'' la realtà con la proposizione. Nel caso di due linee possiamo ''confrontarle'' per quanto riguarda la loro lunghezza senza alcuna convenzione: il confronto è automatico. Ma nel nostro caso la possibilità del confronto dipende dalle convenzioni con cui abbiamo dato ai nostri semplici (nomi e relazioni) i loro significati.) | ||
Resta soltanto da aggiustare il metodo di confronto dicendo che ''cosa'' nei nostri semplici deve ''dire'' cosa della realtà. Supponiamo, per esempio, di prendere due linee di lunghezza diversa: e diciamo che il fatto che la più corta ha la lunghezza che ha deve significare che la più lunga ha la lunghezza che ''essa'' ha. Avremmo dovuto allora stabilire riguardo al significato della più corta una convenzione, del genere che adesso dobbiamo fornire. | Resta soltanto da aggiustare il metodo di confronto dicendo che ''cosa'' nei nostri semplici deve ''dire'' che cosa della realtà. Supponiamo, per esempio, di prendere due linee di lunghezza diversa: e diciamo che il fatto che la più corta ha la lunghezza che ha deve significare che la più lunga ha la lunghezza che ''essa'' ha. Avremmo dovuto allora stabilire riguardo al significato della più corta una convenzione, del genere che adesso dobbiamo fornire. | ||
Ne consegue che “vero” e “falso” non sono proprietà accidentali di una proposizione tali che, quando essa ha significato, possiamo dire che è anche vera o falsa: al contrario, che una proposizione ha significato ''significa'' che è vera o falsa: l’essere vera o falsa in effetti costituisce quella relazione della proposizione con la realtà alla quale ci riferiamo dicendo che la proposizione in questione ha significato (''Sinn''). | Ne consegue che “vero” e “falso” non sono proprietà accidentali di una proposizione tali che, quando essa ha significato, possiamo dire che è anche vera o falsa: al contrario, che una proposizione ha significato ''significa'' che è vera o falsa: l’essere vera o falsa in effetti costituisce quella relazione della proposizione con la realtà alla quale ci riferiamo dicendo che la proposizione in questione ha significato (''Sinn''). | ||
A prima vista sembra esserci una certa ambiguità in ciò che si intende dicendo che una proposizione è “vera”, per via del fatto che, a quanto sembra, nel caso di proposizioni diverse, il modo in cui esse corrispondono ai fatti a cui corrispondono è molto diverso. Ma ciò che è davvero comune a tutti i casi è che essi devono avere ''la forma generale di una proposizione''. Nel fornire la forma generale di una proposizione spieghi quale tipo di modi di mettere assieme i simboli di cose e di relazioni corrisponderà (sarà analogo) al fatto che le cose abbiano tali relazioni nella realtà. Nel farlo dici ciò che si intende dicendo che una proposizione è vera; e devi farlo una volta per tutte. Dire “questa proposizione ''ha senso''” significa “‘questa proposizione è vera’ significa…”. (“''p''” è vero = “''p''” . ''p''. Def.: solo invece di “''p''” dobbiamo qui introdurre la forma generale di una proposizione).<!--<ref>Il lettore dovrebbe ricordare che secondo Wittgenstein “‘''p''’” non è un nome ma una descrizione del fatto che costituisce la proposizione. Vedi sopra, p. 109. [''Edd.'']</ref>--> | A prima vista sembra esserci una certa ambiguità in ciò che si intende dicendo che una proposizione è “vera”, per via del fatto che, a quanto sembra, nel caso di proposizioni diverse, il modo in cui esse corrispondono ai fatti a cui corrispondono è molto diverso. Ma ciò che è davvero comune a tutti i casi è che essi devono avere ''la forma generale di una proposizione''. Nel fornire la forma generale di una proposizione spieghi quale tipo di modi di mettere assieme i simboli di cose e di relazioni corrisponderà (sarà analogo) al fatto che le cose abbiano tali relazioni nella realtà. Nel farlo dici ciò che si intende dicendo che una proposizione è vera; e devi farlo una volta per tutte. Dire “questa proposizione ''ha senso''” significa “‘questa proposizione è vera’ significa…”. ({{nowrap|“''p''” è vero <nowiki>=</nowiki> “''p''” . ''p'' . Def.:}} solo invece di “''p''” dobbiamo qui introdurre la forma generale di una proposizione).<!--<ref>Il lettore dovrebbe ricordare che secondo Wittgenstein “‘''p''’” non è un nome ma una descrizione del fatto che costituisce la proposizione. Vedi sopra, p. 109. [''Edd.'']</ref>--> | ||
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Nello stabilire che ciò va interpretato come una tautologia e non come una contraddizione, non sto assegnando un ''significato'' ad ''a'' e a ''b''; ovverosia non sto dicendo che essi simbolizzano cose diverse ma nello stesso modo. Sto dicendo invece che il modo in cui il polo ''a'' è connesso con l’intero simbolo simbolizza in un ''modo diverso'' dal modo in cui simbolizzerebbe se il simbolo venisse interpretato come una contraddizione. E aggiungo i freghi ''a'' e ''b'' solo per mostrare in quali modi la connessione sta simbolizzando, affinché risulti evidente che ogniqualvolta lo stesso frego figura nella posizione corrispondente in un altro simbolo, anche in quel caso la connessione sta simbolizzando nello stesso modo. | Nello stabilire che ciò va interpretato come una tautologia e non come una contraddizione, non sto assegnando un ''significato'' ad ''a'' e a ''b''; ovverosia non sto dicendo che essi simbolizzano cose diverse ma nello stesso modo. Sto dicendo invece che il modo in cui il polo ''a'' è connesso con l’intero simbolo simbolizza in un ''modo diverso'' dal modo in cui simbolizzerebbe se il simbolo venisse interpretato come una contraddizione. E aggiungo i freghi ''a'' e ''b'' solo per mostrare in quali modi la connessione sta simbolizzando, affinché risulti evidente che ogniqualvolta lo stesso frego figura nella posizione corrispondente in un altro simbolo, anche in quel caso la connessione sta simbolizzando nello stesso modo. | ||
Potremmo, naturalmente, simbolizzare ogni funzione ''ab'' senza utilizzare affatto due poli ''esterni'', semplicemente, per esempio, omettendo il polo b; e qui a simbolizzare sarebbe il fatto che le tre coppie di poli interni delle proposizioni siano connessi in un certo modo con il polo ''a'', mentre l’altra coppia ''non'' vi era connessa. E quindi la differenza tra i freghi ''a'' e ''b'', dove li utilizziamo, mostra soltanto che è un diverso stato di cose che sta simbolizzando in un caso e nell’altro: in un caso il fatto che certi poli interni ''sono'' connessi in un certo modo con un polo esterno, nell’altro caso ''il fatto che non'' lo sono. | Potremmo, naturalmente, simbolizzare ogni funzione ''ab'' senza utilizzare affatto due poli ''esterni'', semplicemente, per esempio, omettendo il polo ''b''; e qui a simbolizzare sarebbe il fatto che le tre coppie di poli interni delle proposizioni siano connessi in un certo modo con il polo ''a'', mentre l’altra coppia ''non'' vi era connessa. E quindi la differenza tra i freghi ''a'' e ''b'', dove li utilizziamo, mostra soltanto che è un diverso stato di cose che sta simbolizzando in un caso e nell’altro: in un caso il fatto che certi poli interni ''sono'' connessi in un certo modo con un polo esterno, nell’altro caso ''il fatto che non'' lo sono. | ||
Il simbolo per una tautologia, in qualunque forma lo mettiamo, sia che omettiamo il polo ''a'' sia che omettiamo il polo ''b'', è sempre passibile di venire impiegato come il simbolo di una contraddizione; soltanto non nello stesso linguaggio. | Il simbolo per una tautologia, in qualunque forma lo mettiamo, sia che omettiamo il polo ''a'' sia che omettiamo il polo ''b'', è sempre passibile di venire impiegato come il simbolo di una contraddizione; soltanto non nello stesso linguaggio. |