Note dettate a G.E. Moore in Norvegia: Difference between revisions

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Il simbolo per una tautologia, in qualunque forma lo mettiamo, sia che omettiamo il polo ''a'' sia che omettiamo il polo ''b'', è sempre passibile di venire impiegato come il simbolo di una contraddizione; soltanto non nello stesso linguaggio.
Il simbolo per una tautologia, in qualunque forma lo mettiamo, sia che omettiamo il polo ''a'' sia che omettiamo il polo ''b'', è sempre passibile di venire impiegato come il simbolo di una contraddizione; soltanto non nello stesso linguaggio.


La ragione per cui ~''x'' è privo di significato è semplicemente che non abbiamo dato alcun significato al simbolo ~ξ. Cioè, sebbene ϕ''x'' e ϕ''p'' diano l’impressione di essere dello stesso tipo, non lo sono, perché per poter fornire un significato a ~''x'' dovresti avere una qualche ''proprietà'' ~ξ. Ciò che simbolizza in ϕξ è che ϕ sta a sinistra di ''un'' nome vero e proprio e ovviamente ciò non si verifica in ~''p''. Ciò che è comune a tutte le proposizioni in cui figura il nome di una proprietà (per parlare in approssimativamente) è il fatto che tale nome sta a sinistra di una ''forma-nome''.
La ragione per cui ~''x'' è privo di significato è semplicemente che non abbiamo dato alcun significato al simbolo ~ξ. Cioè, sebbene ϕ''x'' e ϕ''p'' diano l’impressione di essere dello stesso tipo, non lo sono, perché per poter fornire un significato a ~''x'' dovresti avere una qualche ''proprietà'' ~ξ. Ciò che simbolizza in ϕξ è che ϕ sta a sinistra di ''un'' nome vero e proprio e ovviamente ciò non si verifica in ~''p''. Ciò che è comune a tutte le proposizioni in cui figura il nome di una proprietà (per parlare approssimativamente) è il fatto che tale nome sta a sinistra di una ''forma-nome''.


La ragione per cui, per esempio, sembra che “Platone Socrate” possa avere un significato, mentre non si sospetterà mai che “Abracadabra Socrate” ne abbia uno, consiste nel fatto che sappiamo che “Platone” ha un significato e non osserviamo che, affinché l’intera espressione abbia un significato, ciò che è necessario ''non'' è che “Platone” abbia un significato, ma che ce l’abbia il fatto ''che'' “Platone” ''sta a sinistra di un nome''.
La ragione per cui, per esempio, sembra che “Platone Socrate” possa avere un significato, mentre non si sospetterà mai che “Abracadabra Socrate” ne abbia uno, consiste nel fatto che sappiamo che “Platone” ha un significato e non osserviamo che, affinché l’intera espressione abbia un significato, ciò che è necessario ''non'' è che “Platone” abbia un significato, ma che ce l’abbia il fatto ''che'' “Platone” ''sta a sinistra di un nome''.
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Dal fatto che ''vedo'' che un punto è a sinistra di un altro, o che un colore è più scuro di un altro, pare conseguire che ''è'' così; e in tal caso, ciò può essere soltanto perché tra le due cose c’è una relazione ''interna''; e potremmo esprimerlo dicendo che la ''forma'' del secondo è parte della ''forma'' del primo. Potremmo così dare un senso all’asserzione secondo cui le leggi logiche sono ''forme'' del pensiero e spazio e tempo ''forme'' dell’intuizione.
Dal fatto che ''vedo'' che un punto è a sinistra di un altro, o che un colore è più scuro di un altro, pare conseguire che ''è'' così; e in tal caso, ciò può essere soltanto perché tra le due cose c’è una relazione ''interna''; e potremmo esprimerlo dicendo che la ''forma'' del secondo è parte della ''forma'' del primo. Potremmo così dare un senso all’asserzione secondo cui le leggi logiche sono ''forme'' del pensiero e spazio e tempo ''forme'' dell’intuizione.


Diversi tipi logici possono non avere assolutamente nulla in comune. Ma il mero fatto che si possa parlare della possibilità di una relazione di n posizioni, o di un’analogia tra una relazione con due posizioni e una relazione con quattro posizioni, mostra che relazioni con posizioni in numero diverso hanno qualcosa in comune, che dunque non si tratta qui di una differenza di tipo, ma di una differenza come quella tra nomi diversi – qualcosa che dipende dall’esperienza. Ciò risponde alla domanda su come possiamo sapere di essere davvero arrivati alla forma più generale di una proposizione. Dobbiamo solo introdurre ciò che è ''comune'' a tutte le relazioni con posizioni in numero qualsiasi.
Diversi tipi logici possono non avere assolutamente nulla in comune. Ma il mero fatto che si possa parlare della possibilità di una relazione di ''n'' posizioni, o di un’analogia tra una relazione con due posizioni e una relazione con quattro posizioni, mostra che relazioni con posizioni in numero diverso hanno qualcosa in comune, che dunque non si tratta qui di una differenza di tipo, ma di una differenza come quella tra nomi diversi – qualcosa che dipende dall’esperienza. Ciò risponde alla domanda su come possiamo sapere di essere davvero arrivati alla forma più generale di una proposizione. Dobbiamo solo introdurre ciò che è ''comune'' a tutte le relazioni con posizioni in numero qualsiasi.


La relazione tra “io credo ''p''” e “''p''” può essere confrontata con la relazione tra “‘''p''’ dice (besagt) ''p''” e ''p'': il fatto che ''io'' sia un semplice è tanto impossibile quanto il fatto che lo sia “''p''”.
La relazione tra “io credo ''p''” e “''p''” può essere confrontata con la relazione tra “‘''p''’ dice (''besagt'') ''p''” e ''p'': il fatto che ''io'' sia un semplice è tanto impossibile quanto il fatto che lo sia “''p''”.




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