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Niente ci dice come mai il fuoco debba essere ammantato di una tale aura. E poi, che strano, cosa significa propriamente: «Sembra piovuto giù dal cielo»? Da quale cielo? No, non è affatto scontato che il fuoco venga inteso in questo modo; – eppure è così. | Niente ci dice come mai il fuoco debba essere ammantato di una tale aura. E poi, che strano, cosa significa propriamente: «Sembra piovuto giù dal cielo»? Da quale cielo? No, non è affatto scontato che il fuoco venga inteso in questo modo; – eppure è così. | ||
{{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 11}} Qui sembra che solo l’ipotesi doni | {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 11}} Qui sembra che solo l’ipotesi doni profondità alla cosa. E ci si può ricordare della descrizione dei bizzarri rapporti fra Sigfrido e Brunilde nel nuovo canto dei Nibelunghi. E cioè che Sigfrido sembra aver già visto una volta Brunilde in passato. Qui è chiaro che ciò che dà profondità a questa usanza è la sua <u>connessione</u> col bruciare una persona. Se in qualche festa fosse costume che gli uomini (come nel gioco di cavallo e cavaliere) si cavalchino l’un l’altro, non vi vedremmo nulla se non una forma di locomozione che rimanda al modo in cui un uomo monta un cavallo; – se però sapessimo che presso diversi popoli era ad esempio costume usare gli schiavi come cavalcature e celebrare certe feste così in sella, allora oggi {{Udashed|scopriremmo}} //{{Udashed|scorgeremmo}}// //{{Udashed|troveremmo}}// nell’usanza innocente della nostra epoca qualcosa di più profondo e meno innocente. La domanda è: questo – diciamo così – lato oscuro inerisce ({{Udashed|in sé}}) al rituale del rogo di Beltane<ref>Antica festa pagana gaelica, in cui i druidi officiavano un rogo purificatore attraverso il quale passavano per emendarsi il bestiame e anche gli uomini. Inizialmente collocata tra equinozio di primavera e solstizio d’estate, la festa viene tutt’ora celebrata a inizio maggio, soprattutto in alcune campagne fra Irlanda e Scozia (''N. d. T.'').</ref> come veniva praticato cento anni fa, o solo se l’ipotesi circa la sua origine dovesse essere convalidata<s>?</s>. Io credo che sia chiaramente la {{Udashed|natura}} {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 12}} intrinseca della stessa usanza <s>moderna</s> //del tempo recente// ciò che a noi pare oscuro, e i fatti a noi ben noti dei sacrifici umani indicano solo la direzione in cui bisogna vedere l’usanza. Quando parlo della {{Udashed|natura}} intrinseca dell’usanza, intendo tutte le circostanze in cui essa viene messa in pratica e che non sono incluse nel resoconto di una tale festa perché non consistono tanto di atti specifici che caratterizzano la festa quanto di ciò che si potrebbe chiamare lo spirito della festa, del quale si potrebbe rendere conto descrivendo ad esempio il tipo di gente che vi partecipa, i loro altri comportamenti, ovvero il loro carattere; il tipo di giochi che giocano in altre circostanze. E con ciò si vedrebbe che l’oscurità sta nel carattere stesso di queste persone. | ||
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Qui c’è qualcosa che assomiglia alle vestigia di un sorteggio. E, in virtù di questo aspetto, ciò guadagna immediatamente | Qui c’è qualcosa che assomiglia alle vestigia di un sorteggio. E, in virtù di questo aspetto, ciò guadagna immediatamente profondità. Se noi appurassimo che, in un caso specifico, la torta coi bottoni è stata preparata «originariamente» ad esempio in onore di un fabbricatore di bottoni «per il suo compleanno», e che tale usanza si è poi conservata nella zona, allora questa usanza perderebbe di fatto ogni «profondità», a meno che questa profondità non sia contenuta nella forma attuale dell’usanza per com’è {{Udashed|in sé}}. Tuttavia, in un caso come questo, si dice spesso: «Questa usanza è <u>chiaramente</u> antichissima». Da cosa lo si evince? È solo perché si possiede una testimonianza storica di usanze antiche dello stesso tipo? Oppure c’è anche un altro motivo, di quelli che si evincono per interpretazione? Ma quand’anche venga dimostrata storicamente l’origine remota dell’usanza e la provenienza di un’usanza oscura, è ben possibile che l’usanza non abbia oggi più in sé <u>niente</u> di oscuro, che non le sia rimasto addosso più nulla dell’antico orrore. Forse oggigiorno essa viene messa in pratica soltanto dai bambini, che si cimentano nel preparare la torta e nel decorarla coi bottoni. | ||
{{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 14}} Pertanto, la profondità sta allora solo nel pensiero rivolto a quell’origine. Ma essa può essere del tutto incerta, e si vorrebbe dire: «A che scopo darsi pena per //preoccuparsi di// una faccenda tanto incerta?» (come una Saggia Else che si guarda indietro). Ma non si tratta di preoccupazioni di quel genere. – Soprattutto: da dove viene la certezza che una tale usanza debba essere antichissima (in cosa consistono i nostri dati, qual è la verificazione)? E quand’anche avessimo poi una certezza, non potremmo comunque sbagliarci e non potrebbe il nostro errore essere confutato storicamente? Sicuro, e tuttavia rimane poi sempre ancora qualcosa di cui siamo certi. Diremmo perciò: «Bene, in questo caso <u>particolare</u> l’origine può essere un’altra, ma in generale è sicuramente antica». Ciò che per noi è <u>evidenza</u> di ciò deve includere la profondità di tale supposizione. E questa evidenza è, ancora una volta, non-ipotetica, psicologica. Se cioè dico: la profondità in //<u>di</u>// questa usanza sta nella sua origine, <u>se</u> è andata davvero così. Allora o la profondità <s>deve</s> //sta// nel pensiero rivolto a una tale origine, o la profondità è essa stessa solo ipotetica e si può soltanto dire: <u>se</u> è andata davvero così, {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 15}} allora è stata una vicenda oscura e profonda. Voglio dire: l’oscurità, la profondità, non stanno nel fatto che per quanto riguarda la storia di <u>questa</u> usanza le cose siano andate davvero così, poiché forse non sono andate affatto in questo modo; e nemmeno nel fatto che forse o probabilmente si sono svolte così, bensì in ciò che mi dà motivo di supporlo. Già, da dove proviene in generale la profondità e oscurità del sacrificio umano? Sono dunque solo le sofferenze delle vittime a farci impressione? I malesseri di tutte le specie, che sono connessi ad altrettanti dolori, non suscitano <u>mica</u> questa impressione. No, questa profondità e oscurità non si comprende di per sé, se veniamo soltanto a conoscenza della storia dell’azione esteriore; siamo <u>noi</u> che la riportiamo nella nostra interiorità a partire da un’esperienza. | {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 14}} Pertanto, la profondità sta allora solo nel pensiero rivolto a quell’origine. Ma essa può essere del tutto incerta, e si vorrebbe dire: «A che scopo darsi pena per //preoccuparsi di// una faccenda tanto incerta?» (come una Saggia Else che si guarda indietro). Ma non si tratta di preoccupazioni di quel genere. – Soprattutto: da dove viene la certezza che una tale usanza debba essere antichissima (in cosa consistono i nostri dati, qual è la verificazione)? E quand’anche avessimo poi una certezza, non potremmo comunque sbagliarci e non potrebbe il nostro errore essere confutato storicamente? Sicuro, e tuttavia rimane poi sempre ancora qualcosa di cui siamo certi. Diremmo perciò: «Bene, in questo caso <u>particolare</u> l’origine può essere un’altra, ma in generale è sicuramente antica». Ciò che per noi è <u>evidenza</u> di ciò deve includere la profondità di tale supposizione. E questa evidenza è, ancora una volta, non-ipotetica, psicologica. Se cioè dico: la profondità in //<u>di</u>// questa usanza sta nella sua origine, <u>se</u> è andata davvero così. Allora o la profondità <s>deve</s> //sta// nel pensiero rivolto a una tale origine, o la profondità è essa stessa solo ipotetica e si può soltanto dire: <u>se</u> è andata davvero così, {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 15}} allora è stata una vicenda oscura e profonda. Voglio dire: l’oscurità, la profondità, non stanno nel fatto che per quanto riguarda la storia di <u>questa</u> usanza le cose siano andate davvero così, poiché forse non sono andate affatto in questo modo; e nemmeno nel fatto che forse o probabilmente si sono svolte così, bensì in ciò che mi dà motivo di supporlo. Già, da dove proviene in generale la profondità e oscurità del sacrificio umano? Sono dunque solo le sofferenze delle vittime a farci impressione? I malesseri di tutte le specie, che sono connessi ad altrettanti dolori, non suscitano <u>mica</u> questa impressione. No, questa profondità e oscurità non si comprende di per sé, se veniamo soltanto a conoscenza della storia dell’azione esteriore; siamo <u>noi</u> che la riportiamo nella nostra interiorità a partire da un’esperienza. |