Libro marrone: Difference between revisions

no edit summary
No edit summary
No edit summary
Line 1,084: Line 1,084:
“Di certo però riconosco un’immagine mnemonica in quanto immagine mnemonica, l’immagine di una fantasticheria in quanto immagine di una fantasticheria, ecc.” – Rammenta che a volte non sei sicuro se hai davvero visto accadere un certo evento, o l’hai sognato, o ne hai soltanto sentito parlare e l’hai immaginato in maniera vivida. Detto ciò, cosa intendi con “riconoscere un’immagine in quanto immagine mnemonica”? Concordo che (perlomeno nella maggioranza dei casi), mentre un’immagine si trova davanti all’occhio della tua mente, tu non sei in dubbio se si tratti di un’immagine mnemonica, ecc. Inoltre, alla domanda se l’immagine in questione è un’immagine mnemonica, tu (nella maggioranza dei casi) risponderesti senza esitare. E se invece ti chiedessi “''Quand’è'' che sai di che tipo di immagine si tratta?”? Ciò che chiami sapere di che tipo di immagine si tratta consiste nel non essere in dubbio, nel non doverti interrogare in proposito? L’introspezione ti mostra uno stato o un atto mentale che chiameresti sapere che l’immagine è un’immagine mnemonica e che ha luogo quando l’immagine ti è presente alla mente? – E poi, se rispondi alla domanda in merito a che tipo di immagine hai avuto, lo fai, per così dire, guardando l’immagine e scoprendo in essa una certa caratteristica? (Come se ti avessero chiesto chi ha dipinto un certo quadro e tu guardandolo e riconoscendone lo stile avessi detto che è un Rembrandt.)
“Di certo però riconosco un’immagine mnemonica in quanto immagine mnemonica, l’immagine di una fantasticheria in quanto immagine di una fantasticheria, ecc.” – Rammenta che a volte non sei sicuro se hai davvero visto accadere un certo evento, o l’hai sognato, o ne hai soltanto sentito parlare e l’hai immaginato in maniera vivida. Detto ciò, cosa intendi con “riconoscere un’immagine in quanto immagine mnemonica”? Concordo che (perlomeno nella maggioranza dei casi), mentre un’immagine si trova davanti all’occhio della tua mente, tu non sei in dubbio se si tratti di un’immagine mnemonica, ecc. Inoltre, alla domanda se l’immagine in questione è un’immagine mnemonica, tu (nella maggioranza dei casi) risponderesti senza esitare. E se invece ti chiedessi “''Quand’è'' che sai di che tipo di immagine si tratta?”? Ciò che chiami sapere di che tipo di immagine si tratta consiste nel non essere in dubbio, nel non doverti interrogare in proposito? L’introspezione ti mostra uno stato o un atto mentale che chiameresti sapere che l’immagine è un’immagine mnemonica e che ha luogo quando l’immagine ti è presente alla mente? – E poi, se rispondi alla domanda in merito a che tipo di immagine hai avuto, lo fai, per così dire, guardando l’immagine e scoprendo in essa una certa caratteristica? (Come se ti avessero chiesto chi ha dipinto un certo quadro e tu guardandolo e riconoscendone lo stile avessi detto che è un Rembrandt.)


È facile d’altro canto indicare le esperienze caratteristiche del ricordare, aspettarsi, ecc. che accompagnano le immagini, e altre differenze nei dintorni più prossimi o remoti di tali esperienze. Dunque noi certamente ''diciamo'' cose diverse nei diversi casi, per esempio “mi ricordo che è stato nella mia stanza”, “mi aspetto che venga nella mia stanza”, “immagino che arrivi nella mia stanza”. – “Di sicuro però la differenza non può essere tutta qui!” Non è tutta qui: ci sono i tre diversi giochi giocati con queste tre parole che circondano queste affermazioni.
È facile d’altro canto indicare le esperienze caratteristiche del ricordare, aspettarsi, ecc. che accompagnano le immagini, e altre differenze nei dintorni più prossimi o remoti di tali esperienze. Dunque noi certamente ''diciamo'' cose diverse nei diversi casi, per esempio “Mi ricordo che è stato nella mia stanza”, “Mi aspetto che venga nella mia stanza”, “Immagino che arrivi nella mia stanza”. – “Di sicuro però la differenza non può essere tutta qui!” Non è tutta qui: ci sono i tre diversi giochi giocati con queste tre parole che circondano queste affermazioni.


Se messi alle strette, ''capiamo'' la parola “ricordare”, ecc.? Tra questi casi c’è davvero una differenza oltre a quella meramente verbale, oltre al fatto che i nostri pensieri si muovono nelle immediate vicinanze dell’immagine che abbiamo avuto o dell’espressione che abbiamo usato? Ho un’immagine di una cena in Sala con T. Se mi si chiede se è un’immagine mnemonica, dico “ma certo” e i miei pensieri cominciano a muoversi su sentieri che da tale immagine si dipartono. Ricordo chi era seduto accanto a noi, su cosa verteva la conversazione, ciò che pensavo io in merito, cosa è successo in seguito a T., ecc. ecc.
Se messi alle strette, ''capiamo'' la parola “ricordare”, ecc.? Tra questi casi c’è davvero una differenza oltre a quella meramente verbale, oltre al fatto che i nostri pensieri si muovono nelle immediate vicinanze dell’immagine che abbiamo avuto o dell’espressione che abbiamo usato? Ho un’immagine di una cena in Sala con T. Se mi si chiede se è un’immagine mnemonica, dico “Ma certo” e i miei pensieri cominciano a muoversi su sentieri che da tale immagine si dipartono. Ricordo chi era seduto accanto a noi, su cosa verteva la conversazione, ciò che pensavo io in merito, cosa è successo in seguito a T., ecc. ecc.


Immagina due giochi diversi, entrambi giocati con i pezzi degli scacchi su una scacchiera. Nei due giochi le posizioni iniziali sono identiche. Uno dei giochi si gioca sempre con pezzi rossi e verdi, l’altro con pezzi bianchi e neri. Due persone cominciano a giocare, tra di loro sta la scacchiera con i pezzi rossi e verdi schierati. Qualcuno chiede loro “sapete quale gioco intendete giocare?”. Uno risponde “ma certo, giochiamo al gioco numero 2”. “Qual è allora la differenza tra giocare al numero 2 e al numero 1?” – “Be’, sulla scacchiera ci sono i pezzi rossi e verdi, non quelli bianchi e neri, inoltre diciamo di giocare al numero 2”. – “Questa però non può essere l’unica differenza; non ''capisci'' cosa significa ‘numero 2’ e per quale gioco stanno le pedine rosse e verdi?” Qui siamo propensi a rispondere “certo che lo capisco” e per provarlo a noi stessi cominciamo proprio a muovere i pezzi secondo le regole del gioco numero 2. Questo è ciò che chiamerei muoversi nelle immediate vicinanze della nostra posizione iniziale.
Immagina due giochi diversi, entrambi giocati con i pezzi degli scacchi su una scacchiera. Nei due giochi le posizioni iniziali sono identiche. Uno dei giochi si gioca sempre con pezzi rossi e verdi, l’altro con pezzi bianchi e neri. Due persone cominciano a giocare, tra di loro sta la scacchiera con i pezzi rossi e verdi schierati. Qualcuno chiede loro “Sapete quale gioco intendete giocare?”. Uno risponde “Ma certo, giochiamo al gioco numero 2”. “Qual è allora la differenza tra giocare al numero 2 e al numero 1?” – “Be’, sulla scacchiera ci sono i pezzi rossi e verdi, non quelli bianchi e neri, inoltre diciamo di giocare al numero 2”. – “Questa però non può essere l’unica differenza; non ''capisci'' cosa significa ‘numero 2’ e per quale gioco stanno le pedine rosse e verdi?” Qui siamo propensi a rispondere “Certo che lo capisco” e per provarlo a noi stessi cominciamo proprio a muovere i pezzi secondo le regole del gioco numero 2. Questo è ciò che chiamerei muoversi nelle immediate vicinanze della nostra posizione iniziale.


Non c’è però anche una sensazione peculiare di passato a caratterizzare le immagini in quanto immagini mnemoniche? Certamente ci sono esperienze che sarei portato a chiamare sensazioni di passato, anche se non sempre, quando ricordo qualcosa, è presente una di queste sensazioni. – Per gettare luce sulla natura di tali sensazioni è di nuovo utilissimo rammentare che ci sono gesti di passato e intonazioni di passato di cui possiamo pensare che rappresentano le esperienze di passato (Aristotele).
Non c’è però anche una sensazione peculiare di passato a caratterizzare le immagini in quanto immagini mnemoniche? Certamente ci sono esperienze che sarei portato a chiamare sensazioni di passato, anche se non sempre, quando ricordo qualcosa, è presente una di queste sensazioni. – Per gettare luce sulla natura di tali sensazioni è di nuovo utilissimo rammentare che ci sono gesti di passato e intonazioni di passato di cui possiamo pensare che rappresentano le esperienze di passato (Aristotele).


Esaminerò un caso particolare, quello di una sensazione che descriverò approssimativamente dicendo che è la sensazione di “tanto, tanto tempo fa”. Queste parole e il tono in cui le si pronuncia sono un gesto di passato. Specificherò ulteriormente le esperienze a cui mi riferisco dicendo che corrispondono a una certa melodia (Davidsbündlertänze, “Wie aus weiter Ferne”). Immagino questa melodia suonata con la giusta espressione e registrato, poniamo, per un grammofono. Questa è allora l’espressione più esatta di un gesto di passato che io riesca a immaginare.
Esaminerò un caso particolare, quello di una sensazione che descriverò approssimativamente dicendo che è la sensazione di “tanto, tanto tempo fa”. Queste parole e il tono in cui le si pronuncia sono un gesto di passato. Specificherò ulteriormente le esperienze a cui mi riferisco dicendo che corrispondono a una certa melodia (''Davidsbündlertänze'', “Wie aus weiter Ferne”). Immagino questa melodia suonata con la giusta espressione e registrato, poniamo, per un grammofono. Questa è allora l’espressione più esatta di un gesto di passato che io riesca a immaginare.


Bisognerebbe dire che sentire la melodia suonata con questa espressione è in sé questa esperienza particolare di passato, oppure che sentire la melodia causa l’insorgere della sensazione di passato e che questa sensazione accompagna la melodia? Cioè, posso separare ciò che chiamo questa esperienza di passato dall’esperienza di sentire la melodia? Oppure posso separare un’esperienza di passato espressa da un gesto dall’esperienza di compiere il gesto? Posso scoprire qualcosa, la sensazione essenziale di passato, che rimane dopo aver astratto tutte quelle esperienze che chiameremmo le esperienze dell’espressione del sentimento?
Bisognerebbe dire che sentire la melodia suonata con questa espressione è in sé questa esperienza particolare di passato, oppure che sentire la melodia causa l’insorgere della sensazione di passato e che questa sensazione accompagna la melodia? Cioè, posso separare ciò che chiamo questa esperienza di passato dall’esperienza di sentire la melodia? Oppure posso separare un’esperienza di passato espressa da un gesto dall’esperienza di compiere il gesto? Posso scoprire qualcosa, la sensazione essenziale di passato, che rimane dopo aver astratto tutte quelle esperienze che chiameremmo le esperienze dell’espressione del sentimento?
Line 1,100: Line 1,100:
C’è un’idea che la sensazione, poniamo, di passato sia un qualcosa di amorfo in un luogo, la mente, e che questo qualcosa sia causa o effetto di ciò che chiamiamo l’espressione della sensazione. L’espressione della sensazione allora è un modo indiretto di trasmettere la sensazione. Spesso si è parlato di una trasmissione diretta delle sensazioni che rimpiazzi il mezzo esterno della comunicazione.
C’è un’idea che la sensazione, poniamo, di passato sia un qualcosa di amorfo in un luogo, la mente, e che questo qualcosa sia causa o effetto di ciò che chiamiamo l’espressione della sensazione. L’espressione della sensazione allora è un modo indiretto di trasmettere la sensazione. Spesso si è parlato di una trasmissione diretta delle sensazioni che rimpiazzi il mezzo esterno della comunicazione.


Supponi che ti dica di mischiare un certo colore e che te lo descriva dicendo che è quello che si ottiene facendo reagire l’acido solforico con il rame. Questo lo si potrebbe chiamare un modo indiretto di comunicare il colore che intendo. È concepibile che la reazione dell’acido solforico con il rame in certe condizioni non produca il colore che volevo farti mischiare, e che nel vedere il colore che tu hai prodotto io debba dire “no, non è questo”, e debba poi fornirti un campione.
Supponi che ti dica di mischiare un certo colore e che te lo descriva dicendo che è quello che si ottiene facendo reagire l’acido solforico con il rame. Questo lo si potrebbe chiamare un modo indiretto di comunicare il colore che intendo. È concepibile che la reazione dell’acido solforico con il rame in certe condizioni non produca il colore che volevo farti mischiare, e che nel vedere il colore che tu hai prodotto io debba dire “No, non è questo”, e debba poi fornirti un campione.


Possiamo dunque affermare che la comunicazione delle sensazioni tramite gesti è in questo senso indiretta? Ha senso parlare di una comunicazione diretta per distinguerla da quella indiretta? Ha senso dire “non posso sentire il suo mal di denti, ma se potessi saprei come si sente”?
Possiamo dunque affermare che la comunicazione delle sensazioni tramite gesti è in questo senso indiretta? Ha senso parlare di una comunicazione diretta per distinguerla da quella indiretta? Ha senso dire “Non posso sentire il suo mal di denti, ma se potessi saprei come si sente”?


Se parlo di comunicare una sensazione a qualcun altro, per capire ciò che dico non devo per forza conoscere ciò che chiamo il criterio per stabilire se la comunicazione ha avuto successo?
Se parlo di comunicare una sensazione a qualcun altro, per capire ciò che dico non devo per forza conoscere ciò che chiamo il criterio per stabilire se la comunicazione ha avuto successo?