Note sulla logica: Difference between revisions

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Se soltanto i segni contenenti nomi propri sono complessi, allora le proposizioni contenenti solo variabili apparenti sarebbero semplici. E le loro negazioni? Le proposizioni sono sempre complesse, anche se non contengono nomi.
Se soltanto i segni contenenti nomi propri sono complessi, allora le proposizioni contenenti solo variabili apparenti sarebbero semplici. E le loro negazioni? Le proposizioni sono sempre complesse, anche se non contengono nomi.


Non esistono proposizioni contenenti variabili reali. I simboli chiamati proposizioni in cui “ci sono variabili” non sono in realtà proposizioni, ma schemi di proposizioni i quali, a meno di rimpiazzare le variabili con costanti, restano tali. Nessuna proposizione è espressa da “''x'' = ''x''”, poiché “''x''” è privo di significato. Esiste però la proposizione “(''x'') . ''x'' = ''x''” e proposizioni quali “Socrate = Socrate”, etc. Nei libri di logica non dovrebbero esserci variabili, ma solo proposizioni generali giustificanti l’uso di variabili. Ne consegue che le cosiddette definizioni in logica non sono definizioni ma solo schemi di definizioni e bisognerebbe sostituirle con proposizioni generali. Parimenti le cosiddette idee primitive (''Urzeichen'') della logica non sono idee primitive bensì schemi delle suddette. L’assunto errato che ci siano ''cose'' chiamate fatti o complessi e relazioni porta facilmente a credere che ci debba essere una relazione di interrogazione ai fatti, da cui sorge la domanda se una relazione possa sussistere tra un numero arbitrario di cose, dato che un fatto può conseguire da casi arbitrari. È un fatto che la proposizione la quale per esempio esprime che ''q'' segue da ''p'' e ''p'' ⊃ ''q'' è questa: ''p'' . ''p'' ⊃ ''q''. ⊃<sub>''p'',''q''</sub> . ''q''.
Non esistono proposizioni contenenti variabili reali. I simboli chiamati proposizioni in cui “ci sono variabili” non sono in realtà proposizioni, ma schemi di proposizioni i quali, a meno di rimpiazzare le variabili con costanti, restano tali. Nessuna proposizione è espressa da “<span class="nowrap">''x'' = ''x''</span>”, poiché “''x''” è privo di significato. Esiste però la proposizione “<span class="nowrap">(''x'') . ''x'' = ''x''</span>” e proposizioni quali “Socrate = Socrate”, etc. Nei libri di logica non dovrebbero esserci variabili, ma solo proposizioni generali giustificanti l’uso di variabili. Ne consegue che le cosiddette definizioni in logica non sono definizioni ma solo schemi di definizioni e bisognerebbe sostituirle con proposizioni generali. Parimenti le cosiddette idee primitive (''Urzeichen'') della logica non sono idee primitive bensì schemi delle suddette. L’assunto errato che ci siano ''cose'' chiamate fatti o complessi e relazioni porta facilmente a credere che ci debba essere una relazione di interrogazione ai fatti, da cui sorge la domanda se una relazione possa sussistere tra un numero arbitrario di cose, dato che un fatto può conseguire da casi arbitrari. È un fatto che la proposizione la quale per esempio esprime che ''q'' segue da ''p'' e <span class="nowrap">''p'' ⊃ ''q''</span> è questa: <span class="nowrap">''p'' . ''p'' ⊃ ''q''. ⊃<sub>''p'',''q''</sub> . ''q''</span>.


L’interdefinibilità nel dominio delle proposizioni generali porta a quesiti simili nel dominio delle funzioni ''ab''. La stessa obiezione agli indefinibili ordinari che sorge nel caso delle funzioni molecolari sorge anche nel caso delle variabili apparenti. L’applicazione della notazione ''ab'' a proposizioni con variabili apparenti si chiarisce se consideriamo per esempio che la proposizione “per tutte le ''x'', ϕ''x''” deve essere vera quando ϕ''x'' è vera per tutte le ''x'' e falsa quando ϕ''x'' è falsa per alcune ''x''. Vediamo che ''alcune'' e ''tutte'' compaiono contemporaneamente nella notazione corretta delle variabili apparenti. La notazione è
L’interdefinibilità nel dominio delle proposizioni generali porta a quesiti simili nel dominio delle funzioni ''ab''. La stessa obiezione agli indefinibili ordinari che sorge nel caso delle funzioni molecolari sorge anche nel caso delle variabili apparenti. L’applicazione della notazione ''ab'' a proposizioni con variabili apparenti si chiarisce se consideriamo per esempio che la proposizione “per tutte le ''x'', ϕ''x''” deve essere vera quando ϕ''x'' è vera per tutte le ''x'' e falsa quando ϕ''x'' è falsa per alcune ''x''. Vediamo che ''alcune'' e ''tutte'' compaiono contemporaneamente nella notazione corretta delle variabili apparenti. La notazione è
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<p style="text-align: center;" id="nol-5">'''V. Principi di simbolismo: che cosa, in un simbolo, simbolizza. Fatti tramite fatti'''</p>
<p style="text-align: center;" id="nol-5">'''V. Principi di simbolismo: che cosa, in un simbolo, simbolizza. Fatti tramite fatti'''</p>


È facile ipotizzare che solo i simboli contenenti nomi di oggetti siano complessi e che di conseguenza “(''x'', φ) φ''x''” o “(∃ ''x'', ''y'') <span class="nowrap">''x'' R ''y''</span>” debbano essere semplici. È allora naturale considerare il primo il nome di una forma, il secondo il nome di una relazione. Ma in tal caso qual ''è'' il significato per esempio di “~(∃ ''x'', ''y'') . <span class="nowrap">''x'' R ''y''</span>”? Possiamo mettere “non” davanti a un nome? L’indefinibilità alternata mostra che gli indefinibili non sono ancora stati raggiunti. [''Cfr.'' 5.42] Gli indefinibili della logica devono essere reciprocamente indipendenti. Se si introduce un indefinibile, bisogna introdurlo in tutte le combinazioni in cui può comparire. Non possiamo dunque introdurlo prima per una combinazione, poi per un’altra; se per esempio è stata introdotta la forma <span class="nowrap">''x'' R ''y''</span>, essa d’ora in poi deve essere compresa in proposizioni della forma <span class="nowrap">''a'' R ''b''</span> nello stesso identico modo in cui è compresa in proposizioni quali (∃ ''x'', ''y'') <span class="nowrap">''x'' R ''y''</span> e altre. Non dobbiamo introdurla per una classe di casi prima, poi per un’altra; altrimenti si avrebbe ragione di dubitare se il suo significato sia o meno lo stesso nei due diversi frangenti e potrebbe non esserci motivo per utilizzare la stessa modalità di combinazione dei simboli. In breve, per l’introduzione di simboli indefinibili e combinazioni di simboli vale la stessa regola, ''mutatis mutandis'', formulata da Frege per l’introduzione di simboli tramite definizioni. [''Cfr.'' 5.451]
È facile ipotizzare che solo i simboli contenenti nomi di oggetti siano complessi e che di conseguenza “(''x'', φ) φ''x''” o “(∃ ''x'', ''y'') <span class="nowrap">''x'' R ''y''</span>” debbano essere semplici. È allora naturale considerare il primo il nome di una forma, il secondo il nome di una relazione. Ma in tal caso qual ''è'' il significato per esempio di “<span class="nowrap">~(∃ ''x'', ''y'') . ''x'' R ''y''</span>”? Possiamo mettere “non” davanti a un nome? L’indefinibilità alternata mostra che gli indefinibili non sono ancora stati raggiunti. [''Cfr.'' 5.42] Gli indefinibili della logica devono essere reciprocamente indipendenti. Se si introduce un indefinibile, bisogna introdurlo in tutte le combinazioni in cui può comparire. Non possiamo dunque introdurlo prima per una combinazione, poi per un’altra; se per esempio è stata introdotta la forma <span class="nowrap">''x'' R ''y''</span>, essa d’ora in poi deve essere compresa in proposizioni della forma <span class="nowrap">''a'' R ''b''</span> nello stesso identico modo in cui è compresa in proposizioni quali (∃ ''x'', ''y'') <span class="nowrap">''x'' R ''y''</span> e altre. Non dobbiamo introdurla per una classe di casi prima, poi per un’altra; altrimenti si avrebbe ragione di dubitare se il suo significato sia o meno lo stesso nei due diversi frangenti e potrebbe non esserci motivo per utilizzare la stessa modalità di combinazione dei simboli. In breve, per l’introduzione di simboli indefinibili e combinazioni di simboli vale la stessa regola, ''mutatis mutandis'', formulata da Frege per l’introduzione di simboli tramite definizioni. [''Cfr.'' 5.451]


È impossibile fare a meno di proposizioni in cui lo stesso argomento ricorre in posizioni diverse. È ovviamente inutile sostituire ϕ(''a'', ''a'') con ϕ(''a'', ''b'') . ''a'' = ''b''.
È impossibile fare a meno di proposizioni in cui lo stesso argomento ricorre in posizioni diverse. È ovviamente inutile sostituire <span class="nowrap">ϕ(''a'', ''a'')</span> con <span class="nowrap">ϕ(''a'', ''b'') . ''a'' = ''b''</span>.


Non può mai esprimere la caratteristica comune di due oggetti il designarli con lo stesso nome ma, per il resto, con due differenti modalità di designazione, poiché essendo i nomi arbitrari potremmo anche sceglierne altri e dove sarebbe, a quel punto, l’elemento comune tra le varie designazioni? [''Cfr.'' 3.322] Ciononostante in caso di difficoltà si è sempre tentati di rifugiarsi in differenti modalità di designazione.
Non può mai esprimere la caratteristica comune di due oggetti il designarli con lo stesso nome ma, per il resto, con due differenti modalità di designazione, poiché essendo i nomi arbitrari potremmo anche sceglierne altri e dove sarebbe, a quel punto, l’elemento comune tra le varie designazioni? [''Cfr.'' 3.322] Ciononostante in caso di difficoltà si è sempre tentati di rifugiarsi in differenti modalità di designazione.
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Per la notazione è importante osservare che non ogni tratto di un simbolo simbolizza. In due funzioni molecolari che hanno lo stesso schema V-F, ciò che simbolizza dev’essere lo stesso. In “non-non-''p''”, “non-''p''” non c’è; poiché “non-non-''p''” è lo stesso che “''p''” e quindi, se in “non-non-''p''” ci fosse “non-''p''”, ci sarebbe anche in “''p''”.
Per la notazione è importante osservare che non ogni tratto di un simbolo simbolizza. In due funzioni molecolari che hanno lo stesso schema V-F, ciò che simbolizza dev’essere lo stesso. In “non-non-''p''”, “non-''p''” non c’è; poiché “non-non-''p''” è lo stesso che “''p''” e quindi, se in “non-non-''p''” ci fosse “non-''p''”, ci sarebbe anche in “''p''”.


Un simbolo complesso non deve mai essere introdotto quale indefinibile singolo. Così per esempio nessuna proposizione è indefinibile. Perché se una delle parti del simbolo complesso ricorre anche in un’altra connessione, in quest’ultima deve venire reintrodotta. Ma in tal caso avrebbe lo stesso significato? I modi in cui introduciamo gli indefinibili devono permetterci di costruire tutte le proposizioni che hanno senso a partire da tali indefinibili ''soltanto''. È facile introdurre “tutti” e “alcuni” in un modo tale da rendere la possibile costruzione (ad esempio) di “(''x'', ''y'') . <span class="nowrap">''x'' R ''y''</span>” a partire da “tutti” e “<span class="nowrap">''x'' R ''y''</span>” ''così come sono stati introdotti precedentemente''.
Un simbolo complesso non deve mai essere introdotto quale indefinibile singolo. Così per esempio nessuna proposizione è indefinibile. Perché se una delle parti del simbolo complesso ricorre anche in un’altra connessione, in quest’ultima deve venire reintrodotta. Ma in tal caso avrebbe lo stesso significato? I modi in cui introduciamo gli indefinibili devono permetterci di costruire tutte le proposizioni che hanno senso a partire da tali indefinibili ''soltanto''. È facile introdurre “tutti” e “alcuni” in un modo tale da rendere la possibile costruzione (ad esempio) di “<span class="nowrap">(''x'', ''y'') . ''x'' R ''y''</span>” a partire da “tutti” e “<span class="nowrap">''x'' R ''y''</span>” ''così come sono stati introdotti precedentemente''.


Non bisogna dire “Il segno complesso ‘<span class="nowrap">''a'' R ''b''</span>’” dice che ''a'' sta nella relazione R con ''b''; ma che “''a''” sta in una certa relazione con “''b''” dice ''che'' <span class="nowrap">''a'' R ''b''</span>. [Cfr. 3.1432]
Non bisogna dire “Il segno complesso ‘<span class="nowrap">''a'' R ''b''</span>’” dice che ''a'' sta nella relazione R con ''b''; ma che “''a''” sta in una certa relazione con “''b''” dice ''che'' <span class="nowrap">''a'' R ''b''</span>. [Cfr. 3.1432]